“Si può fare!” e i suoi fratelli, non è (sempre) la Rai; ma noi tifiamo Rinaldi

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(Tommaso Rinaldi ai Campionati Italiani Assoluti Invernali 2015 di Bolzano. Foto: M.R. Sport dei Fratelli Marconi asd.)

Questa sera andrà in onda su Rai1 la finale di Si può fare!, talent ispirato al format israeliano I can do that! di Ambra Banijay; ci siamo sforzati di guardarne tutte le puntate – diciamo sforzati non tanto perché il programma sia di per sé brutto, ma perché è tutto troppo italiano, per dirla alla Stanis La Rochelle – per un motivo ben preciso: poiché mamma Rai ha come scopo principale nella nostra esistenza quello di non mandare in onda le gare, ci dobbiamo accontentare di quello che passa il governo, anzi la governance, e quindi guardiamo un programma solo perché uno dei concorrenti è un tuffatore, uno dei nostri. E quindi facciamo il tifo per lui.

Uh-uh. Già. Ciao Tommaso.

Lo diciamo subito: il programma ha delle belle premesse, perché alcuni numeri sono molto belli – a memoria: la giocoleria del contact juggling, inventata da quello che ora è responsabile del famoso Cirque du Soleil; il basket freestyle; un certo numero di magia; l’escapologia che poi è toccata proprio a Tommaso, anche se su quel numero abbiamo tutti perso molti anni di vita per la paura. Speravamo, speravamo davvero, che Tommaso Rinaldi fosse impegnato in qualcosa che potesse farlo ben figurare senza buttarla necessariamente sulla fisicità, visto che a parte un altro concorrente è di gran lunga quello che meglio se la può cavare con le prove di questo genere.

Ovviamente la nostra fiducia era moooolto ben riposta: conosciamo fin troppo bene il settore intrattenimento della Rai, il modo di condurre di Conti, le sue scelte autorali. Non avevamo dubbi, in realtà, che non avrebbero perso nessuna occasione di mettere in risalto la fisicità di Tommaso (non esclusivamente, ma prevalentemente), e gli ultimi scrupoli li abbiamo persi quando sono spuntate quelle persone (non esclusivamente, ma prevalentemente; la quota gay peraltro è molto suscettibile, ne abbiamo avuto riprova sulla nostra pelle) di genere femminile che abbiamo battezzato, con molta bonomia, tommyminkia.

Sapete che se non mangiamo pane e polemica facciamo digiuno, noi.

Conosciamo i nostri polli: Tommaso non è il Patrick Hausding italiano. Ma sia in senso assoluto che, soprattutto, in relazione a fulgidi esempi – anche della nostra stessa nazionale, – è un atleta che si è impegnato sempre e comunque per raggiungere dei risultati, che si è fatto il culo per esserci a Mondiali e Olimpiadi, e che si farà nuovamente il culo per esserci anche a questi Mondiali e alle prossime Olimpiadi. Dovrebbe bastare già il termine atleta, in effetti, per definirlo.

In ogni caso, rispetto ai precedenti incroci tra le tufferie nazionali e il mondo dello spettacolo – che in realtà non sono moltissimi e sono perlopiù concentrati in tempi piuttosto recenti, tutti nel corso del 2013 – è cambiata però la mediaticità. L’attenzione su Tommaso è stata molto alta, anche più delle nostre previsioni. E quindi, se lo sport dei tuffi non è stato esposto in alcun modo – abbiamo decine di tweet salvati di persone che lo scambiano per un nuotatore, un grande classico in cui sono incappate anche pregiate pubblicazioni rivolte alla casalinga media – è stato esposto l’atleta (e nel caso di stasera, sarà esposto letteralmente…), in una luce peraltro positiva, visto che il suo impegno nei vari numeri di spettacolo è stato quasi sempre apprezzato. In linea di massima, la cosa non ci può far altro che piacere.

Com’è andata le altre volte?

Nella primavera di quell’anno, Tania Cagnotto fu la vincitrice del programma Altrimenti ci arrabbiamo (format originale: Born to Shine, ITV), andato in onda su Rai1 e prodotto da Magnolia; si trattava di un talent non troppo dissimile da Si può fare!, ma molto più sfortunato in termini di audience, in cui i coach delle varie discipline, perlopiù danzerecce, erano rigorosamente adolescenti.
Ha esposto l’atleta/gli atleti al pubblico? Nì. Volenti o nolenti, Tania era già notevolmente famosa, essendo la punta di diamante della nazionale già da svariati anni, l’atleta femminile più vincente di sempre agli Europei, eccetera eccetera. Essere esposta mediaticamente in un programma da 12% di share non è molto più altisonante del pubblico che lei stessa richiama in una finale mondiale o olimpica – uniche occasioni in cui il servizio pubblico si degna di mandare una gara su una delle tre reti maggiori.
Ha esposto i tuffi al pubblico? No. Il programma era peraltro bruttino.
Anticommento c’era? Alla seconda puntata abbiamo droppato la visione.

Più “rigoroso”, ma solo nei proclami, il talent Jump! Stasera mi tuffo (Canale 5, Toro Produzioni), nell’estate dello stesso anno: era basato sul format Stars in Danger di – toh! – Ambra Banijay, e presentava otto personaggi più o meno celebri che sono stati istruiti a fare i tuffi più semplici da alcuni allenatori della nazionale – il cui lavoro non si è praticamente mai visto, perché era molto più importante evidenziare con costumi succinti e decisamente non da gara il seno delle concorrenti femminili (al secolo: Anna Falchi, Maddalena Corvaglia e Cecilia Capriotti; se vi state chiedendo chi sia una o più di queste tre, sappiate che ai tempi non eravamo tanto più illuminati di voi) o, peggio, organizzare il momento DISCO DANCE, una delle cose più turpi della televisione italiana del decennio in corso. Sarebbe dovuta arrivare Alessia Marcuzzi e la sua Isola dei famosi finta pruriginosa per scippare a questo programma un simile prestigioso merito. D’altronde, avevamo subodorato qualcosa quando abbiamo visto che c’erano almeno tre giudici su cinque che non sapevano una mazza di tuffi.
Ha esposto l’atleta/gli atleti al pubblico? Ma neanche per idea. Forse Bertone ha scippato un paio di inquadrature, ma non ne sono convinto e in ogni caso ho rimosso. Ci sono stati degli ospiti, come Tania e Francesca, ma solo per una puntata.
Ha esposto i tuffi al pubblico? Tra nì e sì. I tuffi si sono visti ma la gente a casa non avrà capito una mazza. Un’occasione persa soprattutto perché in giuria c’era Giorgio Cagnotto, che avrebbe potuto fungere da “voce tecnica” vera.
Anticommento c’era? Purtroppo sì. Abbiamo presenziato anche dal vivo come pubblico in una delle puntate (la semifinale).

In autunno, nella quinta edizione di Italia’s Got Talent (Canale 5, Fascino & FreMantle; originariamente Got Talent per Syco Entertainment), abbiamo poi incontrato gli Heroes Diving Team, spettacolare gruppo di tuffatori (veri), perlopiù dalla categoria Master, che si sono esibiti in tuffi acrobatici sia classici che dalle grandi altezze, che hanno impressionato favorevolmente la giuria composta da personaggi famosi della rete. Forse l’unico esempio, tra i tre citati, in cui effettivamente è stato possibile mostrare un aspetto, ancorché il più “scenografico” e non competitivo, di questo sport.
Ha esposto l’atleta/gli atleti al pubblico? Singolarmente no, come gruppo sì. Purtroppo due momenti di pochi minuti in altrettante puntate non sono stati molto, arrivare in finale (come i pattinatori Berton e Hotarek, anche loro molto negletti come sport) sarebbe stato mediaticamente importante. Ma tra tutti i programmi citati IGT ha avuto di gran lunga gli ascolti più alti…
Ha esposto i tuffi al pubblico? Sì, anche se non quelli da gara.
Anticommento c’era? Solo in differita perché non potete chiederci di guardare quattro ore di Maria de Filippi, Zerbi, Scotti e Belen e soprattutto chiederci di farlo gratis.

Sia chiaro: non contestiamo la scelta di Tommaso, in primis perché non è nostro diritto, è libero di fare quello che vuole e, peraltro, siamo pure favorevoli; e in secondo luogo forse lascerà a qualcuno dei suoi telespettatori il ricordo della parola tuffatore, qualcuno che magari potrebbe guardare le gare di Rostock del prossimo giugno o quelle di Kazan del prossimo agosto. Ma quanto sarebbe bello dare invece del risalto allo sport, magari sostituendo le famigerate pillole in bianco e nero delle partite di calcio del secolo scorso che tanto ossessionano RaiSport con la trasmissione delle eliminatorie delle gare italiane, o delle finali giovanili?

Invece no, i campionati nazionali sono finiti in differita, tagliuzzati e sfumati tre giorni dopo; le World Series mondiali finiscono su reti regionali, dei Grand Prix ci si ricorda solo quando fanno tappa a Bolzano, le gare internazionali sono interessanti solo se arriva un italiano in finale altrimenti possono essere sostituite dal campionato di serie D. Da parte della stessa rete che spende, e non poco, per mettere in piedi un talent show.

Niente, ci tocca cenare ancora una volta con pane e polemica, mentre speriamo che sia il tuffatore, uno dei nostria vincere questo talent – in bocca al lupo, Tommasì! E speriamo di poter vedere lui e gli altri gareggiare ai Mondiali in Russia senza che mamma Rai ci metta troppo i bastoni tra le ruote.

2 pensieri su ““Si può fare!” e i suoi fratelli, non è (sempre) la Rai; ma noi tifiamo Rinaldi

  1. Se devo dirla tutta non capisco questo articolo. Certo lo stile “anti” c’è eccome perchè è anti tutto. Tuttavia, trovo che ci sia una discrepanza molto forte tra il voler dare notizia al voler dire (con ragione) che lo sport in talune situazioni passa in secondo, terzo, ottantesimo piano sottoterra … ed è così. Oggi ho visto il collegamento da “Quelli che il calcio” e, ci sono rimasto male. Sì perchè Savino ha tentato di parlare di tuffi ma, a parte un abuso della parola “assolutamente”, di risposte attinenti, anche da Rinaldi ne sono arrivate poche perchè preferiva auto compiacersi su “quant’è fico” piuttosto che parlare del suo pane quotidiano. Deludente? Sì.Da tanti punti di vista … soprattutto sportivo (non parliamo del tuffo orrendo che non ha notato nessuno perchè distratto da altro …e diciamocelo a parte Savino a chi fregava qualcosa?) … Mi fa specie che un campione come Rinaldi si prostituisca in questo modo svendendo la sua arte (il suo sport) con i suoi indubbiamente belli addominali alla luce di cosa? Ha bisogno di “beccare”? Non credo, che sia bello non c’è dubbio ma come lui ce ne sono altri, soprattutto tra i suoi colleghi. Vale la pena a 24 anni massacrarsi la carriera sportiva per il proprio ego estetico?
    KK

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    • Mi scuso per il ritardo. 😀 Nessuno di noi è dedito a tempo pieno al blog e men che meno io, di questi periodi.

      Parto dal fondo: non credo che sei serate televisive e qualche ospitata in Rai siano “massacrarsi la carriera sportiva per il proprio ego estetico” o “svendere lo sport”; altri l’hanno fatto e sono ancora qui a raccontarcelo. Questo, soprattutto considerato che tali serate e ospitate sono capitate in un periodo “morto” dal punto di vista della stagione agonistica, e che non ne ha risentito a livello sportivo data la qualificazione sia nei 3 metri che nei 3 metri sincro agli Europei. La mediaticità, se ben gestita, non è un male, e anzi può aiutare un atleta di uno sport che, a tutt’oggi, di mediaticità ne ha pochina. Noi siamo cresciuti in periodi di grande povertà mediatica, almeno due di noi risalgono indietro fino a Berlino 2002 – altro che streaming, in quel periodo, la copertura era prossima allo zero.

      Il senso del post è molto semplice, perché è quello che ha evidenziato in parte anche lei: in questo programma, e in quasi tutti quelli citati per fare un riassunto degli incroci tra i tuffi e la programmazione non sportiva, lo sport in sé ne ha ricevuto un trattamento che oscilla tra il pessimo e il misero. Avendo già sperimentato sul campo la conduzione di Conti, non mi aspettavo, personalmente, niente di diverso. È il motivo per cui non abbiamo coperto per niente il programma in questo blog, a parte un post – questo, – e per cui l’abbiamo coperto pochissimo a parte la prima puntata (saranno venti-venticinque tweet in tutto): non ne valeva la pena.

      Così come non mi sarei aspettato nulla di diverso da ‘Quelli che’ (QC), che ha smesso di essere programma sportivo tempo fa per motivi svariati, diventando un programma di “intrattenimento” che riciccia gli scarti degli altri programmi, The Voice in testa.
      Si poteva gestire meglio da parte della rete? Assolutamente, ricordo nello stesso programma Marisa Passera (DeeJay) venire “istruita” dai fratelli Marconi in diretta, all’incirca nel gennaio del 2012… ma era un’altra conduzione, più fine e garbata, perché era il QC della Cabello.
      Si poteva gestire meglio da parte del tuffatore? Assolutamente. Oltre a essere un tuffo bruttino, e da un’altezza non sua, la regia è stata oscena, ma certo non è stato niente di memorabile se neanche me lo ricordo a un giorno di distanza (ho recuperato l’intero intervento sul sito Rai, la forza di seguirlo in diretta anche no).
      Non è stato niente di diverso da tutte le altre ospitate di QC: un’occasione persa. Ma se non è stata capace di gestirle in passato Tania, che è la maggiore esperta di mediaticità…

      C.

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